EQ (Emotional Quotient)
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Avere consapevolezza delle proprie emozioni, saperle gestire, riconoscere e comprendere quelle altrui. Spesso, il successo professionale non ha una correlazione con il voto di un diploma o con l’IQ. È scientificamente provato* che la capacità di risultare convincenti in un colloquio di lavoro, di essere presi in considerazione per una promozione, di essere un leader affermato dipenda per il 60% dalle nostre competenze emotive.

L’EQ, una tra le competenze più richieste

L’EQ (Emotional Quotient) è una soft skill sulla quale è importante agire e oggi è sempre più strategica, sostiene Chiara Arosio, Principal di Carter & Benson. Nel mondo del lavoro, infatti, sta conquistando un posto di rilievo, tanto da essere inserita tra le competenze più richieste. La consapevolezza di sé, l’autocontrollo, la motivazione, l’empatia e quindi la capacità di comprendere appieno e affrontare le emozioni umane, sono per un manager quel bagaglio di intelligenza emotiva che permette una migliore collaborazione tra i dipendenti, un ambiente di lavoro più felice e la costruzione di azioni solide a lungo termine.

Cosa chiedono oggi le aziende in fase di assessment?

La quotidianità lavorativa e anche il privato di ogni persona è insieme  di esperienze emotive che danno significato a ogni interazione. Esserne consapevoli significa portare l’attenzione su un piano differente, lavorare  per comprendere a fondo le emozioni, sia le proprie sia quelle altrui e tradurre il tutto in comportamenti e strategie di leadership per far sentire i collaboratori più motivati e apprezzati. Un substrato di benessere nel quale le persone sono incentivate a dare il loro meglio. 
Per questo motivo, le aziende, oltre ad una conoscenza più approfondita dei manager che hanno a bordo, hanno la necessità di capire quali siano le risorse su cui poter contare. In fase di assessment, la valutazione dell’EQ ci consente di essere predittivi circa i comportamenti che questi manager metteranno in atto e se siano realmente persone di potenziale. Un manager che non ha  intelligenza emotiva, che non riesce a coinvolgere le persone sotto di sé, ma le fa “scappare”, alla lunga crea un danno di immagine sia alla propria persona che all’azienda. E a quel punto, poco possono fare tutte le attività di comunicazione di employer branding.

Il clima lavorativo è influenzato per il 60% dal leader

Le emozioni sono altamente contagiose e ogni leader ha una grossa responsabilità sul benessere aziendale! Più un manager riesce ad essere empatico, sprigiona emozioni positive ed è in grado di eliminare lo “smog” delle sensazioni negative, più il gruppo starà bene e sarà motivato. Al contrario, un  leader dissonante non può provocare altro che frustrazione, collera, resistenza, rifiuto, ostilità tra i collaboratori, e questo, alla lunga, sviluppa insoddisfazione, sfiducia, demotivazione. Tutti atteggiamenti che si ripercuotono sfavorevolmente anche in termini di fatturato dell’azienda.

Da dove partire per migliorare l’intelligenza emotiva?

L’EQ è una qualità  dalle mille sfaccettature che è importante affinare. Esistono diversi stili di leadership basati sull’intelligenza emotiva e saperli individuare, applicare e far propri i meccanismi che li governano, può avere riflessi molto positivi sul successo di una leadership. Ci sono delle tecniche per imparare ad avere consapevolezza di sè, saper gestire le proprie emozioni e tutti quegli impulsi disturbanti che potrebbero nuocere al clima aziendale, ma anche per riconoscere gli stati d’animo delle persone che compongono il proprio team ed essere in grado di tenere nella giusta considerazione i sentimenti degli altri avendo la sensibilità di andare anche oltre il “non detto”. Un argomento complesso e per questo difficile da esaurire in poche righe, ma un vero e proprio driver per la gestione dei team che saremo lieti di approfondire con voi, se lo vorrete.


*fonte TTI SUCCESS INSIGHTS®

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