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La prima impressione è quella che conta e questo vale per le persone, ma anche per le aziende. Un buon primo impatto apre le porte a interazioni positive e maggiore fidelizzazione. Mettere al centro la persona e i suoi bisogni può essere determinante ai fini dell’attrazione e dell’inserimento di nuovi talenti, oltre che in termini di retention. Con Giovanni Carbone, Senior Partner di Carter & Benson, parliamo di employer branding e di come questa strategia di marketing sia strettamente collegata alle attività HR.

Viviamo un periodo storico nel quale è cambiato lo scenario del lavoro e la tipologia di ingaggio. Nel quale lo smart working  è una modalità consolidata poiché sembra garantire un miglior bilanciamento vita-lavoro. Nel quale l’uso dei social è sempre più intensivo con una comunicazione che si fa sempre più veloce e trasparente e richiede anche da parte delle aziende una maggiore attenzione a quanto raccontano di se stesse. Una situazione in cui attrarre, saper reclutare e trattenere le risorse migliori sono azioni fortemente condizionate dalla coerenza fra il dire e il fare.  

La gestione di un processo di selezione, l’ambiente di lavoro, le opportunità di crescita professionale, la flessibilità lavorativa, gli spazi di autonomia, la leadership, la location, l’etica, la sostenibilità, la gender equality, le attività e i servizi a disposizione dei dipendenti, le performance dell’azienda, sono tutti aspetti valoriali che parlano di quel brand e concorrono a renderlo più o meno attrattivo.

Aspetti che spesso l’azienda mette al centro della sua comunicazione per dar vita a un percorso di conoscenza e consolidamento della marca, sfruttando tutti gli strumenti a sua disposizione. Dalle azioni below the line per parlare al proprio interno, all’advertising sui media  più tradizionali (giornali cartacei, radio, tv, testate online) per una comunicazione istituzionale e di prodotto rivolta a target più ampi, oppure alla comunicazione sui social e con gli strumenti digital (landing page, newsletter, podcast…) attraverso i quali avviene una decisa interazione con il pubblico al quale sono rivolti. Utilizzando questi media, infatti, è facile che il destinatario del messaggio passi a un ruolo attivo commentando, creando e diffondendo ulteriori messaggi su quel determinato argomento, che possono avvalorare o anche contestare quanto affermato dall’impresa.

Grazie alla nostra quotidiana esperienza sul campo verifichiamo quanto sia importante l’employer branding in termini di reputation e quanto rappresenti un asset imprescindibile per ogni organizzazione che voglia attrarre i cosiddetti “talenti”. Ma abbiamo anche capito che la reputazione ha una natura dinamica, che si modifica ed evolve in funzione della cultura sociale e del sentire comune, oltre che dei comportamenti e risultati ottenuti dall’azienda stessa. Per questo motivo è necessario che le attività da mettere in campo siano curate in ogni fase, rispondano alle aspettative professionali di candidati e dipendenti, siano aderenti alla corporate culture, ma soprattutto ci sia continuità di azione nel tempo e coerenza tra dichiarato e messo in atto.

La sinergia tra Risorse Umane e Marketing Communication è fondamentale ai fini della costruzione reputazionale dell’azienda, per posizionare il brand nella mente dei potenziali candidati, degli attuali dipendenti e di altri stakeholder, trasferendo il valore e l’experience che contraddistingue l’azienda.

Questa strategia può muovere quei driver motivazionali che stimolano una reazione positiva da parte del dipendente, migliorano l’engagement e creano una relazione duratura tra la persona e l’impresa. 

 
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